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TheHateQueen.
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"Sangue e morte, questo è ciò che si merita un individuo che calpesta questa terra. Ma è un pensiero che non sfiorava la mia mente quand’ero ancora un ragazzo. L’odio che sento ora è comparabile al sentimento di distruzione che vorrei provare ma non riesco a focalizzare per colpa dei farmaci antipsicotici. Farmaci che non sono stato l’unico a prendere, ma qui è troppo presto per parlarne."
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È così, che si apre il romanzo di Andrea Ferrari. Non potevo assolutamente permettermi di non parlarvene, visto il nome del mio blog e la mia politica di vita. L'odio, per inciso. L'odio di tutte le cose, o per lo meno di molte. Quindi cominciamo.

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Allora. Cos'ho da dirvi su questa lettura? 
Come prima cosa, ci tengo a specificare che non è una lettura per tutti. Con questo intendo dire che, se siete persone facilmente impressionabili, vi conviene girare a largo. Gli autori preferiti di Andrea sono Welsh e Bukowski, e dal suo stile narrativo si vede, eccome se si vede. Ha quel modo di scrivere forte e sboccato che mi colpisce sempre in modo positivo, e nel suo protagonista paranoico/schizofrenico/nevrotico - nel suo pensiero, nei suoi modi di fare, nei suoi modi di reagire - c'è una verità tipica di questi scrittori. Questo, per me, è decisamente un punto a favore. Non vi nego che questa lettura mi abbia lasciato addosso alcune perplessità, e per questo andrò ora a elencarvele. 

Primo: l'editing. Ho trovato che la prima parte del romanzo fosse significativamente scritta "peggio" della seconda parte, vuoi per la punteggiatura non sempre usata in modo eccellente, vuoi per la confusione, vuoi per i dialoghi forse un po' troppo assurdi. D'altra parte, andando avanti a leggere mi sono resa conto a pieno di quanto il protagonista fosse profondamente disturbato, e di come forse la confusione del suo linguaggio, la frammentarietà, le sue frasi non sempre costruite a pennello, fossero un riflesso della sua mente malata. Specialmente, considerando che la prima parte del libro parla della sua adolescenza, non è del tutto assurdo che il suo punto di vista sia più impreciso, rispetto a dopo. 
Secondo: questa non è una storia. O almeno, non per me. Ho letto una recensione di questo romanzo, su Anobii, che mi ha un po' divisa. Diceva che questo romanzo ha senza subbio la forza e la crudezza di un qualsiasi racconto di Bukowski, ma che al contrario di Bukowski, non si capisce bene cosa Ferrari voglia raccontarci. Questo non è del tutto sbagliato. Però non è del tutto vero. Il motivo per cui penso che questo romanzo non sia una storia, è che penso che sia un viaggio. Un breve ma intenso viaggio all'interno della mente frustrata e disturbata di un uomo che odia, odia tanto. Odia anche ciò che ama, forse perché odiare è spesso la cosa che ci riesce più semplice. E anche qui, non è per tutti perché magari molti di noi sono in cerca di storie, più che di personaggi, ma io non rientro in questa categoria di persone. Per me sono sempre e comunque i personaggi, che vengono per primi, e trovo che l'introspettività di questo protagonista sia stata più che ben gestita. Non ti viene neanche concesso di capirlo, il modo di ragionare di Andrea, come lettore, ma non sei sicuro di volerlo capire davvero. Più che altro trovi piacere nello spiarlo di nascosto, nell'osservarlo incuriosito domandandoti quale sarà la sua prossima azione o reazione. Il classico esempio dell'incidente d'auto che ti smuove tutte le budella, ma che al contempo non riesci a smettere di guardare per via dell'insita morbosità - prerogativa del tuo essere umano. 

A questo punto vi verrà da domandarvi: "sì, ok, HateQueen, ma questo vuol dire che il romanzo di Ferrari è buono o cattivo?" 
E a me verrà da rispondervi: "cattivo. Decisamente cattivo. Ed è proprio questo, il bello."

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