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Amabili Letture.

Sicuramente già dalle prime pagine capisco di non essere di fronte a una lettura leggera; finito poi di leggere, mi trovo in vera difficoltà nel recensire il libro di Andrea Ferrari perché, se è vero che si tratta di un libro diverso dagli altri, è verissimo che mi ha coinvolto totalmente, lasciato qualcosa dentro e per questo nell’esprimere le mie sensazioni rischio di non riuscire a dare un giudizio chiaro ed esauriente come vorrei.

Dalla trama si evince subito che la vicenda narrata tratta una storia di Disagio, di Dolore; il protagonista Andrea esprime tutto il suo malessere di vivere in questa sorta di diario dove con naturalezza ammette anche la propria impotenza nel cambiare la sua condizione, quasi rassegnato a viverla così come riesce, cercando solo di limitare i danni. Andrea quindi NON VIVE MA SOPRAVVIVE, dopo essere stato segnato da un adolescenza difficile e da un isolamento forzato, orfano di una famiglia di riferimento con unica compagna leale la sua terapia. Tutte queste componenti hanno creato un vuoto che lui cerca di riempire con un odio innaturale verso tutto e tutti, complici e vittime per quello che ha subito. Con pochi soldi, pochi amici, un “catorcio” di macchina e soprattutto senza donne, incapace di capirle e di farsi capire, appagato solo dalla Pornografia, Andrea si trascinerà attraverso le pagine galleggiano tra le singole giornate fatte di solitudine, lavori poco appaganti e ritrovandosi in situazioni al limite del “grottesco”.

Il lettore si ritrova in difficoltà nel sottrarsi a un peso emotivo instaurato col Protagonista, per il quale si soffre e si “parteggia” fino ad identificarsi nel suo malessere provocato da alcune componenti nelle quali, non tutti ma diversi, riusciranno bene a ritrovarsi.

Lo stile narrativo risulta veloce, forse in alcuni momenti anche troppo e quindi si fatica a stare al passo con i tanti cambi di ambientazione. I periodi corti sono ben sostenuti da un dialogo aspro e brusco, a volte adatto ma sempre veritiero, incastonati bene nelle diverse ambientazioni descritte che, trattandosi di strutture psichiatriche, si adattano diventando a tratti schiaccianti e soffocanti.

Quando sarà fuori da queste, Il Protagonista verrà “addomesticato” dai farmaci che lo renderanno privo di sentimenti per poi tornare più vigile, esaurendosi il loro effetto, capace di utilizzare così il suo ingegno, (l’unica qualità rimasta intatta) messa a servizio per scrivere un libro frutto del suo ODIO e RANCORE, anche se, in questa condizione,diverrà più incline a un ritorno di un sentimento di angoscia e malinconia. Questa sua vulnerabilità sarà più evidente quando proverà a instaurare un rapporto, un legame affettivo con varie figure femminili nel corso del racconto,in particolare con Carolina. Frequentando quella ragaza dai modi e pensieri nettamente particolari,Andrea si trasformerà in un uomo succube, impaurendosi per la sua condizione violenta, provando una sofferenza estrema che lo porterà ad allontanarsi definitivamente dai sentimenti, fonte potenziale di ogni patimenti per l’anima.

Si procederà verso la conclusione del libro con questa altalena di situazioni cupe e atipiche, trovando poi un finale non atteso ma aperto, che non rassicura ma lascia speranza, non solo al protagonista, per una voglia di vivere, di combattere per cambiare e che sprona a non fuggire dal vivere solo perché timorosi di soffrire provando emozioni negative.

L’autore, a mio avviso, ispirandosi a Bukowski, ha fatto proprie ispirazioni e personaggi, creando in pochissime pagine un opera complessa che apparentemente non chiede nulla in cambio a chi la legge, ma fortemente coinvolgente e drammaticamente bella da indurre a essere in debito quando, finito di leggere, si comprenderà il messaggio velato di Andrea Ferrari, bravissimo a porre luce sul Tema Principale affrontato, ovvero il mondo psichiatrico, con tutto quello che ruota attorno a questa tematica importante. Faccio i miei personalissimi complimenti per la scelta di raccontare la storia di Andrea,uno dei tanti che vivono tra gli ospedali psichiatrici e che nel frattempo cerca a fatica di uscire da un labirinto reso ancora più difficoltoso da chi senza riflettere e in maniera superficiale crede di risolvere il problema emarginandolo; mi viene quasi da pensare che il TITOLO si riferisca non tanto alla famiglia ma soprattutto ad una società odierna,  ancora penosamente non adatta e strutturata a riqualificare questi soggetti.

Recensione a cura di Walter Bianco.

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