Andrea Ferrari
Chili di Libri.
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Prima di leggere questo libro bisogna sapere che è scritto con un linguaggio crudo, si direbbe quasi con l’intento di provocare, stupire, spiazzare.
Il protagonista è ossessionate dal sesso, è il suo chiodo fisso, sembra non riuscire a pensare ad altro, o quantomeno non riesce a parlare a noi di altro.
È un ragazzo timido, introverso, con un accenno di balbuzie, con pochi amici, ma pieno di occasioni per fare sesso. Ci dice di aver subito maltrattamenti in famiglia, ma non ne parla. Procede in una sorta di racconto della sua vita, in cui il lettore un po’ si perde, fatica a seguire i passaggi, i personaggi e si domanda quali siano le sofferenze da lui patite, quale il credito nei confronti della società. E poi finalmente il ricovero in una struttura psichiatrica: un po’ di respiro, se non per il protagonista, sicuramente per il lettore. Da lì invece di migliorare, sembra un ascesa di delirio.
Il libro è ben scritto, e non parlo dal punto di vista sintattico od ortografico, voglio dire che è in linea con il personaggio che descrive. Una scrittura psicotica, apparentemente corretta, ma indubbiamente disturbata, eppure difficile da stanare.
Non succede nulla di eclatante, non c’è un climax, non ci sono eventi particolari, è un susseguirsi di azioni e reazioni, è la storia di una persona disturbata, convinta di non essere compresa e che cerca una sua dimensione perché, a differenza di molti altri, sembra sapere esattamente che cosa vuole: fare sesso e scrivere.
L’odio, da cui trae il titolo l’opera, è strisciante e presente in tutto il libro, a volte esternato, altre volte agito.
Di solito non amo questo genere di letture e di sicuro non lo avrei letto se non me lo avesse inviato l’autore, (che ringrazio) e invece devo dire che è stata una lettura interessante, mi ha incuriosita e l’ho voluto finire.
Quello che ho apprezzato non è tanto la storia, che c’è e non c’è, quanto la coerenza, la sintonia tra il raccontato, il messaggio e la scrittura.